martedì 28 gennaio 2014

Day 00.

Tengo le mie cuffie attaccate all'iPad, ascolto della musica in modo da farmi venire l'ispirazione, se così si può chiamare in questo caso. Guardo fuori dal finestrino di continuo, e mi concentro sulle parole delle tristissime canzoni che vanno in riproduzione casuale: "Only hate the road when you're missing home; only know you love her when you let her go..." sembra fatto apposta, e perché non prendere spunto?
Apro di corsa l'applicazione per scrivere, ma non riesco a digitare nemmeno mezza parola. Com'è possibile? Di solito le parole mi escono di getto, ma è anche vero che non sono mai riuscita a scrivere "su commissione", se non nei temi o saggi brevi di scuola.
Richiudo l'app, e continuo a guardar fuori dal finestrino, sperando in qualche lampo di genio che, ovviamente, non arriva.
Questa danza continua per tutta la durata del viaggio, tre orette circa. Prometto a me stessa che, appena arrivati in aeroporto, dopo la sosta al bagno, avrei buttato giù qualcosa, seppur avendo poco tempo, perché è giusto così, ed una lettera, anche corta, gli avrebbe fatto piacere.
Accanto a me, mamma risponde al telefono; Marco ci dice di raggiungerlo all'aeroporto militare, dato che loro sono arrivati lì e resteranno in quella base per un'oretta.
Ci mettiamo una mezz'ora per arrivare all'aeroporto militare, qualcuno viene ad aprirci il cancello, e sembra non siamo l'unica famiglia venuta a salutare.
Il mio piano è già saltato, abbiamo pochissimo tempo per star con Marco prima che parta. Decido quindi, a malincuore, di lasciar perdere la lettera, e di godermi questi momenti prima della sua partenza. Ci viene incontro, e ci accompagna dentro una struttura che ospita tutti i militari chr partiranno con lui. Ci porta al bar, io non prendo nulla, ma osservo tutte queste famiglie che chiacchierano tranquille con il figlio, il marito, la sorella, il nipote, il fratello, la moglie. Parlano come se i loro cari stiano andando in vacanza per una decina di giorni, magari in crociera, nel Mediterraneo, ma in realtà non è così, e probabilmente, come me ne accorgo io, se ne stanno accorgendo anche loro. Gli sguardi persi, malinconici, i bimbi iniziano  stringere le gambe del proprio padre, mentre le madri, rispettive mogli, trattengono le lacrime alla visione di questa scena. Ci provo anche io, a trattenermi, ma come al solito non ci riesco, e inizio.
Marco mi vede e scoppia in una risata malinconica, un po' triste, ma allo stesso tempo tranquilla. Mi sento una stupida bimba, incapace di controllare i suoi sentimenti, le sue reazioni.
Mamma mi offre un fazzoletto, e ci spostiamo nella sala principale, un cui il comandante raduna i ragazzi e i parenti per un "discorso finale"; cerca di rassicurare le famiglie, è una missione facile, tranquilla, e non c'è da preoccuparsi, e fa un "in bocca al lupo" ai ragazzi per questi sei mesi che staranno fuori.
Alla fine del suo discorso il comandante ci da qualche minuto per salutare, dato che è tardino e devono partire. Guardo le altre famiglie che scoppiano in lacrime, e mi sento un po' meno sola e stupida. Marco saluta tutti, li bacia, e li abbraccia, e sorride, chissà per quale motivo, ma credo sia felice, e non vede l'ora di partire. Mi abbraccia, e mi dice "A presto...", e non posso fare a meno di scoppiare per l'ennesima volta in lacrime.
Lo guardiamo salire sul pullman con tutti gli altri, le luci si spengono e il motore si accende, e nella penombra, lo vediamo salutarci con la mano, e noi ricambiamo, fino a che non vediamo scomparire il pullman. Risaliamo in macchina, e per le successive tre ore rimango rivolta verso il finestrino, a guardare il buio della notte, in silenzio, con il solo rumore dei miei singhiozzi e delle lacrime che continuano a scavarmi gli zigomi.
Non è una lettera, questa, ma un semplice sfogo, perché odio gli "arrivederci", soprattutto di questo genere; qualche anno fa era successo già che partisse, ma ero più piccola, e non ci capivo ancora nulla, di come funzionava sto mondo.
Ora io sono cresciuta, e con me la mia sensibilità e consapevolezza. E probabilmente anche il cuore.
So che starai bene, e farai il possibile perché tu stia al sicuro, e porti a termine la tua missione nel migliore dei modi. Noi ti aspettiamo qui, sempre, con il cuore in mano.
Non te lo dico o dimostro mai, ma ti voglio un grandissimo bene, e sei partito da solo tre ore, e già non vedo l'ora che torni.
Malinconicamente,
Turunen.

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